Bart si svegliò ed era notte fonda. La mano corse veloce a cercare nel buio Leo al suo fianco, ma lui non c’era. Non doveva essersi alzato da molto, le lenzuola erano ancora calde. Bart si alzò, trascinandosi dietro una coperta di pile bianca per far tacere il brivido di freddo che l’aveva colto. Avvolto nella coperta, a piedi nudi sul pavimento riscaldato, scivolò in salone. Leo era lì. Davanti alle tende illuminate da una pioggia di luci bianche, addobbava con palline blu e fili argentei l’albero di Natale che avevano comprato il pomeriggio prima. Bart gli arrivò alle spalle in silenzio e lo abbracciò alla vita. È notte. Leo si cullò un momento in quell’abbraccio. Dev’essere tutto a posto per quando arriveranno. Lo sarà, torna a dormire. Il tono sornione di Bart lo fece sorridere. Ho quasi finito, vai, arrivo presto. Bart si girò su stesso, trascinandosi dietro la coperta bianca, sapeva che con Leo discutere non serviva. Leo lo guardò sparire nel corridoio silenzioso com’era arrivato e riprese a concentrarsi sull’abete di plastica verde. A guardare adesso i rami ben distesi sembrava quasi fosse vero. Un po’ più a destra o meglio a sinistra davanti alla finestra? Palline blu e palline argentate o solo palline blu? Non aveva più dedicato tanto tempo agli addobbi natalizi da quanto Sarg era cresciuta, eppure all’idea di passare quel Natale con lei, con lei e Saro, quella voglia infantile gli era tornata fuori, oppure era solo desiderio di rivedere i suoi occhi di bambina illuminarsi di gioia.
E poi ne avevano bisogno, tutti. Ne aveva bisogno lui, anche se a Gesù Cristo non era sicuro di credere già da troppo tempo. Ne aveva bisogno Bart che dopo quello che era accaduto a Moah era tornato a credere sul serio in quel Dio che aveva tanti nomi, almeno uno per ogni religione, e non erano nemmeno abbastanza. Ne avevano bisogno Sarg e Saro, ché, se anche erano cresciuti davvero, non dovevano smettere di sognare. Così gli venne in mente che accanto all’albero avrebbero dovuto allestire anche un bel presepe, ché lo accogliesse per benino quel Dio, qualunque fosse, che portava calore e pace. Avrebbero dovuto raccogliere tante belle foglie secche per fargli un giaciglio comodo comodo. E gli venne voglia di correre a svegliare Bart, scuoterlo e convincerlo a vestirsi in fretta, ché l’alba era alle porte e c’erano foglie gialle da raccogliere e una capanna da allestire. Si sforzò di trattenerla, quella voglia incontenibile, ma ci riuscì soltanto per una manciata di minuti. Poco dopo era nel letto che scuoteva Bart semiaddormentato, Andiamo, svegliati, andiamo…
Saro arrivò per primo, la valigia marrone in mano. Leo sentì suonare alla porta mentre cercava di avvolgere intorno al collo di Bart fili argentati a mo’ di sciarpa, ridevano insieme i due, adesso che il dolore per quello che avevano vissuto aveva iniziato ad attenuarsi. Il campanello risuonò in casa e Leo si bloccò con i fili d’argento nelle mani a mezz’aria, Torno subito, e corse alla porta. Aprì con energia e si trovò davanti Saro, il ciuffo biondo che gli cadeva sugli occhi. Per un attimo il ragazzo lo fissò in silenzio nel vederlo così, con la mani piene di addobbi e qualche brillantino sul volto. Cos’è non parli? Leo non andava mai giù per il sottile, Avanti muoviti, c’è ancora molto da fare, e si mosse per tornare da Bart. Saro sorrise seguendolo docile. Trasse un respiro profondo e si lasciò cullare dalla voce di Bart che sentiva in lontananza, E’ arrivato? E’ arrivato? Entrò in salotto e Bart scattò verso di lui, lo strinse in un abbraccio.
Sarg arrivò solo a sera, quando la casa era illuminata, l’albero luccicava di blu e d’argento, i pastori del presepe attendevano davanti al giaciglio di foglie gialle un bambino o chiunque altro purché portasse pace e calore. In cucina Bart stava apparecchiando la tavola, ed era tutto un tintinnio di posate e bicchieri, mentre sui fornelli borbottavano le pentole. Leo aveva ripulito un vecchio giradischi e cercava nella scatola dei 33 giri quel disco con le canzoni di Natale che lei ascoltava da bambina. Saro, seduto sul divano, non diceva una parola, respirava grato l’aria di casa. E così vi state godendo la serata senza di me? Sarg li colse così, all’improvviso, non l’avevano sentita entrare. Leo alzò gli occhi dai dischi, Saro saltò in piedi di scatto e Bart, che aveva sentito la sua voce squillante, arrivò quasi di corsa. Un attimo e tutti e tre la abbracciarono.
Eccoci! Bart si avvicinò al tavolo con la pentola fumante. Non avrete per caso mangiato tutti i tramezzini con i gamberetti, vero? Passate i piatti, su, stasera gli spaghetti con le vongole son venuti davvero bene, parola di papà! Le pietanze sono in tavola, i bicchieri colmi di vino, ognuno seduto al suo posto. Saro allunga la mano verso quella di Sarg, lei la stringe e con l’altra afferra la mano di Leo, che prende quella di Bart che chiude il cerchio. Eccoci! E sembra una preghiera silenziosa rotta solo da quella parola, eccoci, invece è un modo per dire, Siamo ancora qua, ancora insieme, per sentire rinnovarsi il calore, quello che nasce con ogni bambino, anche solo su un letto di foglie secche, o più semplicemente per augurarsi, Buon Natale. Ed è il Buon Natale di Leo, che sia la gioia di avere accanto chi amiamo, e il Buon Natale di Bart, che sia il calore di aver dato un posto a chi un posto ancora non l’aveva trovato, e il Buon Natale di Saro, che sia gratitudine di chi trova il proprio posto nel mondo, e soprattutto è il Buon Natale di Sarg, ché bastano queste due parole e mani a stringere le tue per sapere che all’abito della diversità, forse un po’ troppo stretto quando qualcuno te l’ha cucito addosso, basta scucire i bottoni per vederlo scivolare di dosso.